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Oscuritades

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[Image from web]

In questo paesaggio assolato, come taluni piccoli rettili, io trovo riparo solo all’ombra di me stesso. Levato sopra il continuum seguo il flusso dell’energia che la Terra emana nel suo disperato tentativo di congiungersi al Sole in un amplesso che la trarrà in una nuova e più alta dimensione.
Io tramite. Io catalizzatore. Io unico spettatore seduto sul palco. Io unico attore su questo palcoscenico dell’esistenza.
Io seguo con lo sguardo della memoria le onde del mio passato, il vortice che non poté inghiottirmi. La vita, ora, in questo cuore antico eppure nuovo. La mia essenza si radica in questo presente, con gli occhi ben fissi all’Oriente. Gli elementi scatenati, nella loro furia primordiale, mi prendono in loro balia fintanto che la mia volontà ritrova se stessa più forte e più viva.
Io fremente. Io silente.
Unica forza è quella che tace, che non si doma. Seul le silence est grand, tout le rest est faiblesse. Ed io, che eterno duro, conosco l’attrazione dell’abisso, il richiamo dell’oblio, la falsa pace quando il cuore cessa di pompare ed il sangue di scorrere rosso e caldo nelle vene. Mia condanna, mia forza, mio tutto è resistere. Esserci, questo è ciò che sono. Esserci fintanto che il fuoco arde. Esserci ad alimentare le fiamme. Esserci sempre ed anche oltre.

Le Belva e la Tenebra

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[Picture from the video]
 

E ci sono giorni che in questo silenzio c’è così tanto rumore che non riesco nemmeno a sentire i miei pensieri che si perdono inutili. Learning to fly. Spegnete questo Sole! I suoi raggi bruciano e si rifrangono nei cristalli di questa polvere malefica bruciandomi gli occhi. Mi nascondo. Una colonna di reietti trascina lenta le proprie catene. Le fruste dei guardiani schioccano nell’aria e scorticano la pelle di quegli esseri deformati dalle radiazioni. Mutamenti fuori natura. No! Nulla esiste fuori natura. Tutto ha un suo corso ed una sua ragione di essere. Disastro e Devastazione i suoi ultimi figli. Ecco, si affrettano. Ma il buio li coglierà ancora senza le protezione della fortezza. Non esiste pace. Non esiste pentimento. E quando il sole scenderà dietro l’orizzonte, l’aria resterà per un attimo immota, sulla soglia del mio Regno. Ed io li accoglierò, brandendo la mia lama di tenebra. Dispenserò il giusto premio. Il premio definitivo. Non farò distinzione tra pari e dispari, tra dritti e mancini, poiché non vi è più distinzione. Esistono solo notti in cui il Demone esige il sacrificio, e nessuno può andare sprecato.

La loro colpa: aver calpestato il sentiero che è mio. Il prezzo: il loro sangue versato per nutrire la terra riarsa. E di uno, uno solo, il cuore che divorerò ancora caldo e pulsante. Già! Eppure lo so che questa parte mi è preclusa ormai! In questo mondo arido fatto solo di creature già morte. Mi volto e mi allontano lento. A terra restano soltanto membra scomposte che in breve inceneriscono.

Sono fuori dal mondo! Non esiste più nutrimento, un cuore pulsante che rimandi l’eco del mio. Punto la mia lama nera verso la volta nera del cielo. Mi occhi la trafiggono scrutandomi accusatori. Da ogni occhiello scende inesorabile una catena che si attorciglia al mio corpo alla mia gola alle mie caviglie legandomi strozzandomi inchiodandomi a questo piano dell’esistenza.

Mi osservo da fuori. Vedo rampicanti spinosi sorgere inesorabili dal terreno riarso, dalle mie viscere, dalla mia bocca, dalla terra smossa dove ho sepolto me stesso. Ed io qui, simulacro di un’idea, resto a vagare, condannato a resistere. Do un calcio ad una pietra, si sgretola in una nuvoletta di polvere che prima di posarsi a terra si trasforma in un ghigno di scherno “io so chi eri!” mi canzona. Chi ero! E non sono più. Poggio una mano a terra. Ne rammento l’antico calore. Io c’ero. Si divisero il mondo: Zeus la Terra, Ade gli Inferi, Poseidon il continente sommerso. Ed a me la Tenebra. Tempi antichi. Le esplosioni hanno cancellato tutto. Ed io non ho saputo prevederle.

Mi osservo da fuori. La mia figura pare translucida in questa nebbiolina azzurra. Cerco riparo. Un’ombra tra le ombre. I bordi sfumati, frastagliati, gocciolano frammenti di me stesso, di notte e solitudine. Basta la luce di un lampione malato a rompere l’incanto. Mi dissolvo nel nulla. Inutile e dimenticato. Concentro la mia volontà in una chiazza di nero che, come un’onda flessuosa, scivola via. So come non perdermi.

Sono sopravvissuto a tutto, ritrovandomi di nuovo vivo nel nulla in mezzo al nulla. Conosco i segreti della Tenebra. Conosco i mille colori mutevoli che si sommano nel buio più totale. Due occhi gialli mi fissano. Un ringhio basso e monotono. Le fessure nel buio si moltiplicano, predicando la loro fame in questo mondo devastato, che ha generato mille predatori che popolano ora le sue solitudini radioattive. Piccole nullità. Io ero qui sin dall’inizio. Rivendico di diritto il mio primato. Io sono la Belva! Sono stanco ora, stanco e spezzato sì. Ma sono io la Belva. Voi moscerini già morti.

Frammenti di Ombra 5.

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[Image DeviantArt Xyrga]

Solo il silenzio è grande, il resto è debolezza. Ed allora meglio tacere lasciarsi divorare da ciò che ancora è senza proferir parola senza mostrare il proprio occhio o peggio il cuore quando anche il respiro può far troppo rumore l’aria nei polmoni alimenta questo senso di disappartenenza portami da bere Sam voglio sentire l’acool scendermi nella gola come carta vetro voglio l’incendio che alieni il tutto voglio perdere il contatto il nesso la comprensione la connessione uscire da questa realtà usare i granelli di polvere acida come gradini innalzarmi lassù dove l’aria è pulita annaspo affogo mi manca la presa si spegne il mondo anche questo mondo sintetico mi rifiuta mi rigetta mi espelle ed io mi ripiego mi proteggo mi annullo taccio stanco annientato grondante inutile sprofondo in questa melma deridente vischiosa obliqua di una giornata qualunque mentre protendo le mani ad un unico ultimo appiglio per salvarmi anche se so che non ci riuscirò per trovare ancora per sentire ancora il bordo arrugginito ma ancora tagliente ed appuntito di queste macerie trafiggere i miei palmi mentre so che non ci riucirò che non sarà più. Il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla il resto è nulla.

E’ poi un altro sole si accende un’altra luce un altro sorso di whisky e tutto riprende da capo.

Frammenti di Ombra 4.

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[Immagine: Sandman by Gerald Ohsborges]

Jack è morto. A volte, sempre più di rado, vedo un suo riflesso in uno specchio appannato, ma subito trascolora perdendo i contorni ed i colori per rimandarmi due occhi vacui che ormai ben conosco. Jack non è morto, solo si nasconde ritraendosi da una dimensione che non è più sua. Jack è vivo, eppure disdegna la nebbia di cui ora mi avvolgo questi alibi meschini per mettere un giorno dietro all’altro. Jack sanguina, copioso a fiotti si risversa il sangue dalle ferite ogni volta che il cuore ha un sussulto. Sono squarci nel petto profondi, oscuri come abissi, del colore del sole quando di sbieco taglia l’orizzonte, del colore degli scoppi nel cielo che marcarono la fine. Jack! La stella bianca e la stella rossa incrociarsi di strade e di destini. Guardo nel fondo di un bicchiere svuotato e non so se è l’effetto dell’alcool o se è il suo occhio che sogghigna e mi si rivolge beffardo. Jack! Il fuoco e la rabbia, il dolore e l’ala nera di un mondo che si svuota per riempirsi di dolore che corrode. Jack si levava un tempo ergendosi al di sopra del comune pensiero al di là di ciò che è e che non è. Rammento come danzava tra la pioggia, evitando una ad una le gocce, senza mai bagnarsi. Jack! Memoria di un tempo che fu. Ora la pioggia è un vago ricordo. A volte vedo le sue orme vaghe a ricalcare le mie. Ma è solo uno sguardo fugace e allucinato.

Frammenti di Ombra 3.

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[Immagine Deviantart – fabriziotedde]

Un sonno straziato da incubi. Reminiscenze. Dio! Ma che freddo fa?! E questa pioggia poi oggi scende a vento, folate dal cielo di piombo sbattono sulla mia faccia e graffiano la mia anima. Mi trascino come un cane fradicio senza casa. Vago inutile su questo marciapiede e il neon dall’altra parte della strada continua a tentarmi, a farmi l’occhiolino. Sì lo so che non c’è paradiso, tutto è solo finzione ed allora perchè resistere? Entrare al There’s No Heaven, lasciarmi sedurre dalle luci dalla musica dall’aria calda e viziata. L’odore degli intrugli alcolici che Sam serve al banco, la cacofonia della musica che rimbomba fin dentro al mio essere portandomi in stadi allucinati, la ragazze seminude che ballano sul palco e sui tavolini. Già … Entro, lascio che i miei piedi seguano il loro cammino … il caos mi accoglie nel suo inebriante abbraccio … eppure anche ora che le donne di Sibahr’th sfoderano i loro artigli e le loro arti per ammaliarmi … ecco il Nulla. Il vuoto mi è intorno, mi guardo e da fuori percepisco il mio io, sento il freddo che mi separa dalla vita, cristalli di ghiaccio e fuoco che non voglio e non so infrangere. Mille e mille specchi che rimandano sempre l’immagine onirica che coltivo ancora in me … per me. Non esiste il paradiso e queste stelle fasulle fan corona ad una luna di latta mentre un divanetto consunto ingoia il mio corpo e la mia coscenza.
Mi sveglio. Affannato. Sudato. Mi manca il respiro. La vita rivela la sua forma e la sua essenza vista solo in lontananza: il vuoto e l’assurdità si palesano in questa polvere acida che ricopre tutto. Sono ancora vivo. Mi alzo e cammino. Un giorno giungerò al termine di questo sentiero.

Frammenti di Ombra 2.

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Eppure devo scegliere di vivere questo presente, o forse, e ogni giorno ne sono più convinto, qualcun altro ha scelto per me. Un presente ben diverso dalla forma che ho io, un presente che perde sempre in confronto a ciò che avrebbe potuto essere. E’ il non compiuto il negato il mondo in cui io avrei potuto essere me stesso, il qui ed ora sono solo riflessi e frammenti d’esistenza sparpagliati sul tavolo da gioco. Un tavolo da gioco dove ho puntato la mia vita e ho perso. Una scommessa senza speranza e con una sola certezza. Una mano di carte carica di adrenalina di passione e di un noi che non potrò più avere ma che non potrò mai cancellare. Tutto il resto è nulla. Questo presente illuso e illusorio si sgretola divorato da un passato che ancora cattura con le sue fauci il mio futuro. Cammino nel buio alzando coi piedi spirali di polvere acida. I mutanti i sopravvissuti si nascondono fra le ombre, pronti a balzarmi addosso. Cammino lungo ciò che rimane delle strade di Novgorod. Fatiscenti simulacri di ciò che furono. Macerie, vetri rotti e carcasse di animali sbiancate fino alle ossa.
Mi hanno detto che ci sono stati della mente dove il mare spinge sulla spiaggia relitti di esistenze sottratte ad altre dimensioni, profumi esotici che si mescolano a ricordi di vite anteriori, suggestioni della fantasia, onde che si rovesciano contro scogli troppo duri per sanguinare ancora, frammenti di conchiglie affilate, esoscheletri di ricci marini, pesci con spine avvelenate. E’ qui che vado errando e mi fingo di trovarvi ancora un senso od una speranza a questo eterno vagare. Un senso che non sia solo sopravvivenza. Fuggire a coloro che mi osservano.

Ora è tardi

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L’onda del tempo porta con se’ l’eco di vite passate. Frammenti di ricordi spezzettati che non bastano a fornire un’idea dell’immagine sotto al mosaico, tuttavia sufficienti a gettare fasci di luce che tagliano il presente rifrangendosi infiniti sul cristallo dell’Orrore.
Poi cala definitive la Notte. Il buio è violato all’orizzonte dal baluginare diagonale di lampi che non appartengono al nostro respiro. Riportano su questo piano esistenze antiche, figlie di un tempo il cui maleficio dell’Uomo non aveva ancora infettato il Mondo.
Ora è tardi. Questa polvere radioattiva divora tutto senza distinzioni. Giusta ed equa nella sua devastante continuità. Solo alcuni di noi sono condannati a sopravvivere passandole attraverso. Io uno di quelli.

Cala il sipario

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[Image Phantom of the Opera]

Ci sono certe notti in cui fuori non c’è nemmeno una luce. Sorella Luna è fuggita altrove, stanca di un paesaggio che conosce da troppo tempo. Le stelle poi, pigri puntolini bizzosi, ronzano nel cielo come uno sciame lattiginoso. Ed è solo un’impressione che distingue la realtà dal nulla.
Rammento ancora i passi che in quelle notti mi portavano fuori. Rammento i marciapiedi che all’imbrunire sfollavano della gente comune. Uomini che tornano a casa dalla famiglia. Poliziotti stanchi che trascinano i piedi lungo vicoli sporchi. Taxisti esausti che rimettono a domani il loro lavoro. Conosco le forme di vita che si aggirano la notte in queste strade. Scivoliamo di ombra in ombra, rasenti i muri. Ci confondiamo nel respiro della città che dorme. Una donna pittata offre all’angolo l’illusione di un amore. Sogni frenetici venduti in bustine di polvere. Un nano dal naso mozzo caracolla trascinandosi dietro una spada più lunga di lui.
Fui, un tempo, il padrone di questi vicoli. L’oscura presenza senza nome, la condanna degli stolti. L’abisso degli innocenti. L’aria immota e silente che, improvvisa, per un guizzo di volontà, sfiora il collo dell’uomo per bene, che, avventatamente, si è inoltrato in un territorio non suo. Quel brivido che dal collo discende lungo la spina dorsale, un brivido freddo che strozza in gola l’urlo prima che venga pronunciato.
La saggezza degli anni che si ammassano sulle mie spalle, uno ad uno, senza requie, ha cancellato in me ogni velleità di controllare l’andirivieni di queste strade. I commerci illegali, le lotte di due bande rivali, i sotterfugi dei contrabbandieri di sigarette, quattro cani randagi che si contendono un boccone di carne marcia.
Ora vedo tutto nella notte, non v’è ombra che possa essere riparo. Ora sento tutto nella notte, il bisbiglio dello spacciatore e il rosicare dei denti di un topo. Nulla mi è precluso e nulla mi soddisfa. Mi limito ad esistere: è già tanto, e a volte costa fatica. Mille sono le voci e ancor di più le eco che risuonano continuamente nella mia testa. Sono come un vecchio teatro ormai pieno di polvere e mezzo rotto. Il lampadario è là per terra, ed io vago solo da un palco all’altro ancora cercando la mia Christine. Solo alla fine cala il sipario e con esso il silenzio.

Shadow – Where Do We Draw The Line

gro So, tell me where do we draw the line.

E’ così tutto simile ora non cambia nulla tra bene e male tra chi vince e chi perde ora che non c’è più nulla per cui lottare ora che lei è persa andata ed io ho anche cessato di respirare il suo nome. Ora che questa terra non ci nutre più come posso separare il bene dal male quando entrambi nascono dalle macerie ed hanno lo stesso fine che si chiama sopravvivenza? ora qua fuori respiriamo quest’aria che ci uccide tutti e ci trasforma in esseri privi di cuore privi di anima.

Where’s the cooling wind Where’s the evergreen field Where’s my mother’s open arms Where’s my father Lionheart

I’m lackland and restless, vago nella notte. Solo. Trascinando i piedi. Come posso tracciare una linea e separare i buoni dai cattivi e per che cosa poi per ristabilire il passato? No! posso solo andare avanti confondendomi con le ombre. Ma il passato ha un grande potere e mi raggiungerà scovando il mio rifugio pretendendo il mio presente pretendendo quello che resta della mia anima. Io sono ciò che sono e non posso sfuggire a me stesso, ripararmi nell’ombra e tacere. Ci provo, ci ho provato. Ma so che non è possibile.

What does tomorrow want with me What does it matter what I see If I can’t choose my own design Tell me where do we draw the line

No! non potrò mai scegliere il mio cammino fino a che non porterò a termine il mio compito solo allora potrò andare o scegliere di rimanere. E se anche uno solo ne potrò salvare forse qualcosa potrò riscattare. Forse lei non tornera’ mai ma anche per questo io combattero’ perche’ nonostante questa cenere che tutto corrode io sono vivo io sono qui.

Whatever tomorrow wants from me At least I’m here, at least I’m free Free to choose to see the signs This is my line.

Shadow – Gatti

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[The Crow]

È notte. Solo più rumori vaghi di ferro arrugginito e piedi strascicati sovrastano il silenzio. Rumori che non sono di questa terra. Provengono dall’Abisso imperscrutabile che,  impalpabile come una ragnatela, si estende fra i mondi noti, in tutte le direzioni nel tempo e nello spazio.  Quell’Abisso ove si narra vivano esseri capaci con un solo sguardo di sradicare l’anima dell’uomo più saldo. Quell’Abisso da cui mai nessuno è tornato a confutare le credenze.
Il compito di noi Guardiani, fra le altre cose, era vegliare i pochi varchi. I punti di passaggio attraverso cui gli Altri sono entrati. Demoni antichi e potenti … e così simili a noi.
In questo nostri alleati i gatti, perché sono loro quegli esseri che amano camminare su quel filo che separa questo mondo dall’altro.